Politecnico di Milano e Cineas, Consorzio universitario no-profit specializzato in cultura del rischio, hanno presentato il 5 febbraio scorso i risultati della I edizione dell’Osservatorio Risk Management nelle PMI italiane, realizzato dal Dipartimento di Ingegneria Gestionale nell’ambito delle attività di ricerca della Cattedra, cofinanziata da Cineas, di Global Risk Management, in collaborazione con the FinC – the Finance Centre e con CONFAPI Industria.
L’indagine ha preso in considerazione un campione di 427 aziende distribuite su tutto il territorio nazionale e appartenenti a tutti i settori dell’economia. Obiettivo dell’indagine è fotografare lo stato dell’arte del risk management nelle piccole e medie aziende italiane, l’ossatura del Paese, e capire quanto sono pronte per affrontare e rispondere ai rischi in maniera adeguata.
L’approccio alla gestione del rischio
Una buona parte (53%) delle imprese percepisce correttamente il rischio non solo come fonte di minaccia, ma anche come fonte di opportunità. Parlando di esposizione alle diverse tipologie di rischi: il rischio finanziario viene percepito come l’area più critica (48%), seguito da quello operativo (35%); le stesse categorie di rischio, operativo (46%) e finanziario (41%), sono le categorie che assorbono maggiori risorse.
L’evoluzione del profilo di rischio
Oggi il 17% degli intervistati ritiene di avere un profilo di rischio alto, il 58% medio e il 25% basso. L’incidenza delle imprese che negli ultimi 5 anni hanno visto aumentare il loro profilo è elevata (35%), così come quella che prevede un aumento nei prossimi anni (25%), mentre solo un modesto 5% ritiene che il profilo di rischio potrà ridursi nel prossimo futuro.
Per quanto riguarda le risorse investite nella gestione dei rischi: quasi nessuna delle aziende intervistate prevede di ridurre il proprio profilo di rischio nei prossimi tre anni, e tra quelle che lo prevedono in aumento, ben il 57% dichiara che gli investimenti in risk management cresceranno nel tempo.
Incrociando le informazioni sulla dinamica del profilo di rischio con quelle sulle operazioni effettuate negli ultimi tre anni, si è potuto verificare che l’operazione straordinaria di gran lunga più diffusa, che interessa ben il 59% delle imprese del campione, è l’entrata nei nuovi mercati, confermando la forte spinta all’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese italiane.
Il processo di risk management
Andando ad analizzare le tecniche e gli strumenti che le PMI adottano per la valutazione del rischio si rileva che sono poche le imprese che si sono dotate di procedure formali e standardizzate per le diverse fasi che compongono il processo di risk management: l’82% delle imprese formalizza meno di tre fasi su cinque, e solo il 3% le formalizza tutte; altrettanto poche sono quelle che, indipendentemente dalle tecniche adottate, misurano la probabilità di accadimento (37%), mentre il 63% considera gli impatti finanziari dei rischi cui è esposto.
In quanto alle modalità di trattamento dei rischi identificati, un dato tra tutti evidenzia una generale impreparazione delle PMI ad affrontare le nuove sfide offerte dal business: tra le imprese che realizzano tra il 25% e il 75% del proprio fatturato in valuta diversa dall’Euro, il 79% non tiene in considerazione il rischio di cambio e non adotta alcun tipo di copertura; sorprendentemente, è ancora maggiore (91%) l’incidenza delle aziende che non tengono in considerazione il tasso di cambio tra quelle che realizzano più del 75% del fatturato in valuta diversa dall’Euro.
Il monitoraggio avviene nella maggior parte dei casi una o due volte l’anno (rispettivamente 31% e 36%); in qualche circostanza anche trimestralmente (nel 20% dei casi). Per monitorare la performance/esposizione, la maggior parte degli intervistati analizza il risultato operativo e il risultato lordo della gestione ordinaria (rispettivamente 37% e 28%).
La cultura del rischio, comunicazione e formazione
Infine, si è voluto analizzare quanto la cultura del rischio sia diffusa all’interno dell’azienda: quasi nessuna azienda prevede iniziative di formazione rivolte a tutti i dipendenti, ma solo al top management (per il quale sono previsti corsi formazione ad hoc nel 17% dei casi, seminari nel 16% e workshop nel 19% dei casi) e ai responsabili della gestione del rischio (per il quale sono previsti corsi formazione ad hoc nel 23% dei casi, seminari nel 15% e workshop nel 20% dei casi).
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