Si è svolta a Manila, nelle Filippine, l’annuale Conferenza dell'Organizzazione Mondiale delle Dogane (WCO - World Customs Organization) riservata alla presentazione delle più approfondite e avanzate ricerche e analisi in materia doganale.
La Conferenza, che si è svolta dal 26 al 29 settembre, ha visto la partecipazione di rappresentanti qualificati (da università, istituti di ricerca, dogane e private sector) provenienti da più di 50 Paesi: un'occasione per confrontarsi, conoscersi e tenersi poi aggiornati e in contatto con le dogane del mondo, che affrontano, anche se in modi talora leggermente diversi, problemi molto simili.
I lavori, introdotti da Kunio Mikuriya, segretario generale della WCO, l'organizzazione mondiale del dogame, si sono articolati su sessioni plenarie, destinate alla presentazione dei lavori più ampi e di maggior interesse per tutti i partecipanti, e in sessioni parallele, per l'approfondimento degli aspetti più specialistici dei diversi temi.
L’interesse dei partecipanti si è soffermato, oltre che su tematiche connesse alla ricerca accademica, alla repressione del contrabbando e del commercio illegale, su tre tematiche trasversali, di grande impatto sul futuro dei controlli doganali, destinati ad evolversi nel senso della semplificazione e dell'uniformità a livello globale ma anche nel senso di una loro molto maggiore incisività, a tutela del commercio legale e leale.
Le fasi logistiche del trasporto e della distribuzione delle merci sono naturalmente toccate da tali tematiche e quanto dibattuto durante la Conferenza dell'Organizzazione Mondiale delle Dogane va considerato dunque con grande attenzione.
Il primo tema, discusso nel corso della seconda sessione plenaria del 26 settembre, era rubricato come “Custom Management: Transit and Trade Facilitation”. Il professor Andrew Grainger, dell'Università di Nottingham, ha presentato i risultati di un lavoro di ricerca sulla gestione dell'operatività doganale e dei suoi impatti sull'organizzazione delle imprese multinazionali. Dalla ricerca è emersa la necessità di prevedere, nell'organizzazione delle aziende, una figura che possa coordinare, in modo non casuale e senza affidarsi ciecamente a terzi, l'operatività doganale e non solo essa: politica doganale e suoi impatti sull'organizzazione logistica e sulla fiscalità interna ed internazionale costituiscono uno dei temi più sentiti dalle multinazionali intervistate dai ricercatori di Nottingham. Tale tematica sta diventando di grande attualità anche per le imprese di dimensioni minori ma con forte vocazione all'esportazione e all'internazionalizzazione. Le più stimolanti ipotesi di lavoro emerse, oltre ad un'estensione della ricerca al vastissimo settore delle PMI, riguardano la formazione e la certificazione delle competenze del "customs manager", figura di riferimento che può essere sì interna, laddove economicamente e organizzativamente compatibile, o anche esterna, come spesso sono consulenti fiscali e legali, ma molto vicina agli interessi e agli orientamenti dell'azienda. Oggi, infatti, la dogana interconnessa a livello globale presenta sfide da affrontarsi con consapevolezza: non solo come oneri connessi alla logistica e alla consegna dei beni ma vera e propria piattaforma strategica di sviluppo del commercio e della competitività.
Altra tematica di grande impatto, anche in una prospettiva di breve periodo, è stata sicuramente l'evoluzione della "digital customs": dalla Cina alla Corea, dall'Iran all'Africa centrale e meridionale emergono infatti nuovi approcci e nuovi strumenti, tutti improntati all'obiettivo, condiviso anche a livello WTO, di una progressiva adozione della metodologia Single Window (per la gestione integrata degli adempimenti richiesti dalle diverse amministrazioni, polizie ed enti di ogni genere) e dell'espansione delle funzionalità dei modelli e-customs. In particolare, in Cina si va verso la trasformazione dei sistemi E-port e eCustoms in una National Single Window, mentre in Iran si sta sperimentando un nuovo modello (ICCS) per il miglioramento delle performance dei sistemi informativi connessi alle dogane. La Corea ha già attivato, con risultati molto positivi, un proprio sistema di single window interagenzia, mentre in Africa già si ragiona sull'utilizzo operativo dei dati di dettaglio emergenti dalle analisi statistiche doganali.
L'approccio più legato ai temi tradizionali è stato rappresentato da due sessioni tematiche: la prima, relativa all'evoluzione dell'AEO (figura che, nell'Unione europea, è diventata l’autorizzazione come Operatore Economico Autorizzato), si è concentrata sull'analisi dei dati emersi di due indagini molto ben strutturate condotte, con approcci e modelli condivisi, dalla Cross-border Research Association, istituto di ricerca svizzero e dall'università di Saragozza, in Spagna. I ricercatori hanno verificato come l'AEO, pur destando tuttora molto interesse e grandi attese, non riesce ancora ad essere apprezzato nelle sue piene potenzialità, sia dalle imprese (che tardano, anche a livello globale, ad aderirvi e ad affrontare il percorso di certificazione) sia dalle dogane (che non riescono, da parte loro, ad erogare adeguati e percepibili benefici alle imprese autorizzate). Ciò nonostante, tutti concordano sulla marcia inarrestabile dell'AEO e sulla sua sempre maggior diffusione, come strumento complementare ad ogni efficace metodologia di controllo e di analisi dei rischi: infatti, solo dagli esempi diffusi di compliance doganale, di condivisione di metodi e regole, può nascere un modello efficace di controllo e di estrazione dei dati rilevanti per lo svolgimento delle attività di controllo doganale a tutela degli interessi dei cittadini e delle imprese. È stato fatto particolare cenno ai benefici che l'AEO porterebbe alla catena logistica e all’interno di questa, alla fase di trasporto e di distribuzione delle merci, la cui velocizzazione attraverso le dogane giocherebbe un ruolo fondamentale nella fluidità degli scambi tra i diversi Paesi.
La seconda sessione d’impianto "tradizionale" ha visto la discussione dei temi più classici: classifica, valore in dogana e origine delle merci. Nel corso della sessione, Mararja Saluste Kukalne, del subdirettorato della WCO per l'origine delle merci, ha presentato lo stato dell'arte: pur rappresentando l'origine non preferenziale delle merci uno dei cardini per la gestione delle misure di difesa commerciale (dazi antidumping e dazi compensativi) e per il controllo degli scambi commerciali, non si è ancora giunti ad una definizione tecnica condivisa dell'origine, applicabile in modo sistematico e certo alle merci. I ricercatori dello Shanghai Customs College, hanno invece presentato il sistema cinese delle "advanced rulings", ossia della classificazione preventiva delle merci (in UE il sistema prende il nome di Informazione Tariffaria Vincolante ed è puntualmente disciplinato dal nuovo Codice Doganale dell'Unione): si tratta, secondo i ricercatori, di un ottimo strumento di governo "olistico" degli scambi.
L'intera conferenza ha finito per tracciare, in filigrana, un disegno ormai integrato e molto ben visibile a chi volesse intendere il senso della dogana del nostro millennio, senso che va compreso anche per poter operare nel campo della distribuzione in modo efficace: se, da un lato, vengono aumentate le barriere difensive e gli oneri tecnici per chi produce e commercia, dall'altro si assiste un aumento esponenziale del commercio illegale, con danni progressivi inimmaginabili: non solo tabacchi, prodotti dual use, prodotti farmaceutici, alcolici, opere d'arte ma anche ricambi, tecnologie e soluzioni di tutti i tipi finiscono per scegliere le strade più comode del contrabbando, alleandosi, anche involontariamente, con il commercio di stupefacenti e armi, rendendo il mondo un posto decisamente insicuro. E la riposta non può essere rappresentata dai controlli tradizionali e ossessivi, assolutamente inefficaci a livello statistico quanto, piuttosto, dall'evoluzione dell'e-customs, delle single windows nazionali e integrate e dalle autorizzazioni AEO.
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