IEN Italia: Stratasys sta per compiere 30 anni. Ripercorrendo brevemente la sua storia, com’è nata l’idea di occuparsi di Stampa 3D e Additive Manufacturing?
G. Cilia: L’idea di una nuova modalità di produzione, additiva e non sottrattiva, ovvero la Stampa 3D, è stata merito del fondatore di Stratasys, Scott Crump. Eravamo a fine anni Ottanta e da quell’idea nacque la tecnologia FDM, Fused Deposition Modeling, che grazie ai costi contenuti e alla facilità d'uso, si è imposta in ambiti quale la prototipazione permettendo la visualizzazione dei modelli progettati elettronicamente fino al collaudo funzionale. Tradotto in termini economici, ha significato portabilità di processo e quindi un abbattimento dei tempi e un abbassamento dei costi della progettazione. La Stampa 3D permette di avere delle risposte immediate alla esigenza di valutare un prototipo specialmente con la disponibilità di sistemi “in-house”; l’obiettivo è quindi quello di fornire una tecnologia in grado di supportare le iniziative strategiche del mondo manifatturiero in termini di sviluppo prodotto. Da quel momento sono nate le tecnologie di differenti soluzioni per la manifattura additiva, mentre i nostri materiali si sono evoluti e sviluppati nel corso del tempo per arrivare a coprire ogni esigenza in fatto di rapid prototyping avanzato, così come e soprattutto per la parte di produzione.
IEN Italia: Quanto è diffusa in Italia, secondo lei, la cultura dell’Additive Manufacturing e della stampa 3D? E a livello di mercato, in quali paesi trovano più riscontro le soluzioni di Stratasys?
G. Cilia: L’Italia è un mercato estremamente ricettivo per la manifattura additiva ed una delle aree geografiche di maggior rilievo per Stratasys. L’azienda italiana, anche la piccola, investe per individuare la migliore soluzione tecnica: la serie Stratasys F123 per esempio, dedicata alla prototipazione avanzata, è quindi un prodotto professionale pur avendo dei prezzi molto aggressivi e riflette in tutto e per tutto le caratteristiche dei sistemi Stratasys: qualità e ripetibilità delle parti e precisioni tipiche di macchine di fascia superiore. Tali caratteristiche ne hanno determinato gli ottimi risultati di vendita grazie alla risposta estremamente lusinghiera da parte del mercato alla sua introduzione. L’Italia è molto avanzata nella adozione della manifattura additiva di qualità, davanti alla Francia e comparabile come ordini di grandezza alla Germania, con la “sorpresa” dell’Inghilterra, nonostante la forte economia di servizi. In generale in tutta Europa vediamo un’adozione molto positiva e crescente, anche grazie alle direttive strategiche dell’azienda, che hanno permesso di realizzare materiali specifici per le singole applicazioni.
IEN Italia: Che tipo di materiali vengono utilizzati nelle vostre stampanti 3D?
G. Cilia: I materiali di Stratasys si suddividono in FDM e PolyJet. Questi ultimi, a fine 2016, hanno visto l’apertura verso il full color, grazie a sistemi in grado di gestire fino a sei materiali differenti e con la capacità di stampare con 500.000 differenti tonalità di colore.
Il portafoglio di materiali FDM può essere visualizzato come una piramide suddivisa in tre aree principali: materiali base (ABS), materiali tecnici (Policarbonato, Nylon 12, PC-ABS e Policarbonato per uso medicale) e, al vertice della piramide, materiali ad alte prestazioni che, all’inizio del 2015, erano rappresentati dal PPSF e dall’Ultem 9085. Quest’ultimo è classificato come autoestinguente, per cui, se sottoposto a fiamma, si scioglie ma non rilascia sostanze nocive, non fa fumo e non prende fuoco. Per questo motivo viene utilizzato maggiormente in ambito aeronautico, essendo stato anche qualificato e certificato per quel settore. L’Ultem 9085 è stato poi affiancato dall’Ultem 1010, materiale con caratteristiche più interessanti dal punto di vista della tenuta della temperatura. Va benissimo per fare stampi in carbonio ed è certificato NSF 51, cosa che lo autorizza al contatto alimenti.
È stato poi introdotto l’ST 130, un materiale “sacrificale” specifico e adatto per la produzione di parti tubolari e condotti in materiali compositi e con geometrie complesse. È un materiale che si scioglie in acqua e sapone: mettendo infatti nella soluzione il pezzo in fibra di carbonio e anima in ST 130, quest’ultima si scioglie lasciando soltanto la parte finale. Il grande vantaggio offerto da questo tipo di soluzione è che permette la realizzazione di varianti dello stesso oggetto senza dover creare uno stampo in metallo.
Nell’aprile 2017 è stato introdotto l’FDM Nylon 12 CF, una poliammide caricata al 35% in fibra di carbonio che dà al materiale finale una caratteristica meccanica paragonabile all’alluminio ma con meno della metà del peso. Ciò ne suggerisce l’utilizzo per sostituire particolari metallici grazie alla significativa riduzione di peso. È stato inizialmente presentato su piattaforma Fortus 450, che è la macchina per uso produttivo centrale nella gamma Stratasys Fortus. L’utilizzo di questo materiale è stato poi esteso alle Fortus 380 e 900. Ad oggi, abbiamo dai primi di settembre tre macchine differenti in grado di gestire questo materiale.
Inoltre, quest’anno abbiamo infine presentato il PEKK, l’Antero 800NA, un materiale superlativo con ottima resa meccanica e in temperatura, non rigido, e con ottime caratteristiche di resistenza ad agenti chimici aggressivi e all’usura. Solitamente però il PEKK è reperibile solamente in semilavorati, quindi in barre o trafilati, che vanno presi, tagliati e poi lavorati sulla macchina utensile alzandone notevolmente il costo finale per parte e riducendo la complessità geometrica delle forme realizzabili. Il vantaggio del PEKK Antero 800NA di Stratasys sta nella libertà di poter sviluppare le forme degli oggetti virtualmente senza i limiti delle lavorazioni meccaniche tradizionali. I campi applicativi che riguardano questo materiale sono sicuramente l’aeronautico e soprattutto l’aerospaziale, perché l’Antero è un materiale completamente inerte e ha un “degasaggio” in presenza di vuoto estremamente basso. Va bene però anche nel campo automobilistico, nel racing e nell’automotive.
IEN Italia: Quali sono i software e i modelli 3D compatibili?
G. Cilia: Prima del 2014, Stratasys e Object (le due aziende che si sono fuse nella attuale Stratasys) erano due realtà separate con linee diverse di macchine da una parte e dall’altra. Ciascuna linea aveva il proprio applicativo software, sviluppato dalle rispettive aziende. Con la fusione è cambiata la strategia aziendale e si è iniziato a ragionare con l’ottica del gruppo industriale di grandi dimensioni, che ha portato al consolidamento delle due diverse soluzioni. Si decise quindi di acquisire GrabCAD, una società di produttori di software e relative interfacce verso i sistemi CAD. Una società del genere aveva buone capacità di produzione software, era in grado di lavorare con piattaforme evolute ma soprattutto aveva le giuste competenze per gestire formati CAD nativi. Grazie a GrabCAD, siamo in grado di supportare in modo nativo praticamente tutti i principali sistemi 3D compatibili.
In un secondo momento è nata GrabCAD Print, soluzione che controlla le macchine Fortus, le Serie F 123 e le macchine PolyJet. Quindi c’è un’unica interfaccia che fa da trade union, i motori geometrici delle singole macchine e tutti i traduttori in ingresso occultati dalla vista dell’utente. Quest’ultimo non deve più sobbarcarsi l’onere della traduzione del file cad nativo in stl ma può invece prendere direttamente il file nativo CAD del formato proprietario, stabilire i parametri di stampa e inviarlo alla sua stampante. A quel punto il software interpreta e gestisce i componenti necessari in modo automatico e trasparente. GrabCAD Print è dunque veramente facile da usare ed estremamente potente.
IEN Italia: Mettete a disposizione un database di oggetti già pronti da stampare?
G. Cilia: All’interno di GrabCAD c’è un gestore di progetti, quindi una sorta di vetrina dove i progettisti possono pubblicare i propri elaborati CAD 3D per divulgarli e condividerli con la comunità tecnica. Inoltre, come MakerBot c’è una piattaforma, Thingiverse, dove è possibile trovare circa 3 milioni di componenti per uso però consumer, non aziendale e caricati in 10 anni da una comunità che conta 2 milioni di utenti.
IEN Italia: Che tipo di impatto hanno i vostri prodotti in ambito manutentivo e Service?
G. Cilia: In Italia nell’ambito del manifatturiero, la tendenza è quella di fare una valutazione già in area progettuale per identificare i componenti che possono essere realizzati in plastica anziché in metallo.
E sicuramente nel momento di dover sostituire un componente in manutenzione, questo sarà nel frattempo evoluto per l’introduzione di continui miglioramenti tecnici, sicché il rischio è di ritrovarsi con scorte di ricambi a magazzino divenuti obsoleti. Pertanto, piuttosto che rifare il componente con metodologie tradizionali e tenerlo nuovamente in stock, si preferisce rifare il pezzo alla bisogna in manifattura additiva. La tendenza del mercato di macchinari nell’arco del tempo ha portato alla riduzione dell’acquisto di macchine nuove e, parallelamente, all’incremento della manutenzione programmata dell’esistente con adeguamenti concordati delle macchine già comprate. Il Service quindi diventa importante leva di business per chi fa il prodotto principale e sicuramente noi lo seguiamo a ruota perché siamo in grado di soddisfare le diverse esigenze. Con la produzione on demand di parti di ricambio, si ha il vantaggio inequivocabile di abbattere i costi di magazzino, non avendo necessità di tenere capitali impegnati in pezzi di ricambio lasciati sugli scaffali.
Marta Roberti
m.roberti@tim-europe.com