Ing. Resmini, ci può illustrare quale è stata fino ad oggi la sua esperienza in Sandvik Italia? Ci può inoltre fare una panoramica dell’azienda?
Dalla fine del 2001 ho la posizione di amministratore delegato in Sandvik Italia spa e sono Country Manager per il gruppo Sandvik in Italia.
Quando mi fu conferito questo incarico il gruppo in Italia aveva circa 1200 dipendenti e otto diversi siti di cui la maggior parte produttivi. Sappiamo tutti che gli ultimi dieci anni sono stati difficilissimi per l’industria e in particolare per il comparto della metalmeccanica, e molte imprese sono state costrette a razionalizzare una parte delle proprie attività: per Sandvik ciò ha significato la chiusura di alcuni siti e in un caso abbiamo ceduto l’attività.
Oggi siamo presenti con circa 600 dipendenti suddivisi su quattro diversi siti di cui due anche produttivi. Le ristrutturazioni attuate da Sandvik non hanno mutato il fatturato esterno e la presenza di forza vendita in Italia, ma hanno riguardato gli impianti produttivi, le cui attività sono state trasferite in altri stabilimenti del gruppo in varie parti del mondo. Sandvik è costituita fino ad oggi da tre Business Area: Sandvik Tooling, Sandvik Materials Technology e Sandvik Mining and Contruction. All’interno di ogni Business Area operano poi singole unità di prodotto o singoli marchi. Tutti i marchi e le unità di prodotto hanno avuto negli ultimi anni una costante crescita con relativa acquisizione di quote di mercato. Siamo stati ovviamente e come tutti fortemente penalizzati dal crollo dell’economia mondiale da fine 2008 e per tutto il 2009. Da qualche mese è stata annunciata una profonda ristrutturazone del Gruppo Sandvik che anziché in tre Business Area verrà organizzato secondo cinque Business Area centralizzando molti processi gestionali comuni. Questa ristrutturazione è mirata ad avere ogni singola Busines Area maggiormente focalizzata sul suo core business sviluppando sinergie nell’area della gestione generale e dei cosiddetti servizi condivisi interni al gruppo.
In aggiunta alla mia funzione di Country Manager sono anche Presidente del Gruppo Dormer, marchio ben noto a livello globale negli utensili integrali da taglio per asportazione di truciolo.
Analizziamo la situazione economica degli ultimi anni: come si sono ristrutturati i produttori dei grandi gruppi in seguito all'evolversi dei mercati?
Innanzi tutto penso che si debba precisare cosa si intende di questi tempi con “evolversi dei mercati”. Se ci riferiamo alla caduta verticale avvenuta nel 2009 le cui conseguenze sono ancora oggi ben visibili, la strategia dei grandi produttori è stata quella di spingere al massimo la razionalizzazione ed integrazione dei siti produttivi per diminuire i costi fissi ed incrementare la flessibilità degli impianti per rispondere in maniera efficiente a nuove evoluzioni del mercato positive o negative. Inoltre si sono dismessi rami di busineess non più strategici o a bassissima redditività. Diciamo quindi che vi è stato uno snellimento nelle strutture produttive e più in generale societarie con fusioni o accorpamenti.
Se ci riferiamo invece al fatto che i “vecchi mercati occidentali” hanno tassi di crescita bassi rispetto a quelli Asiatici o Sud Americani, allora possiamo dire che la maggioranza dei produttori ha aperto nuove filiali in quei paesi o iniziato joint venture locali per avere una solida presenza proprio in quei mercati. Molte aziende hanno anche insediato siti produttivi in quei paesi e nel nostro settore tali inziative sono quasi sempre rivolte alla creazione di una base produttiva locale con lo scopo di servire quella specifica parte del mondo. Lo scopo non è quasi mai quello di avere una produzione in un paese a basso costo del lavoro. Nei nostri tipi di produzione il costo del lavoro è solo una delle componenti del costo del prodotto, ma non la principale. Si guarda invece molto di più alla dislocazione logistica dei siti produttivi e alla creazione di capacità produttiva sufficiente a coprire quei mercati in così forte e rapida crescita. Nel caso del gruppo Sandvik, e in particolare di Dormer, è stata fatta proprio questa scelta.
Come è cambiato nel corso degli anni e come si attesta ad oggi il rapporto tra produttori e distributori?
A mio giudizo il settore della distribuzione industriale negli ultimi anni si è evoluto molto più rapidamente e in modo più significativo di quanto abbia saputo fare la catena produttiva. Tale evoluzione non è avvenuta in egual misura e nella stessa maniera in tutti i paesi, ma è ben chiara una tendenza guidata dal modello americano che è senza dubbio il più evoluto nell’ambito della distribuzione. Le motivazioni che sottendono al “modello americano” sono senz’altro dovute alla grande dimensione di quel americano sia in termini geografici che di potenziale di acquisto. Direi che l’evoluzione del settore distributivo ha quindi generato le nuove regole nei rapporti con i produttori. I distributori di grandi dimensioni, con la loro presenza sui vari mercati attraverso numerose filiali, e in alcuni casi con un presidio anche transnazionale, sono delle vere e proprie multinazionali della distribuzione. Da questa evoluzione si è generata la presenza sempre più massiccia di marchi privati creati e gestiti da questi gruppi distributivi che si rivolgono ai produttori non più come “rivenditori di prodotti”, ma come gestori commerciali di un prodotto e del suo marchio. Questa evoluzione era nata già circa 15 o 20 anni fa nei beni di consumo ed è andata espandendosi con il passare del tempo. Ormai da qualche anno si sta diffondendo anche nei prodotti industriali seguendo il modello dei beni di consumo.
I produttori hanno perciò aumentato gli sforzi a sostegno dei propri marchi creando un maggior valore aggiunto intorno ai propri prodotti non solo attraverso una sempre migliore ingegnerizzazione degli stessi, ma creando servizi che offrano valore al cliente finale. In questa strategia il distributore continua a svolgere un ruolo chiave per il produttore, ma ne deve diventare di conseguenza un partner leale e affidabile, capace di gestire il maggior valore creato intorno al prodotto attraverso un’attività di vendita non esclusivamente commerciale, bensì più tecnica e professionalmente evoluta.
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