Parlare in pubblico

Quando parli, il tuo discorso deve essere migliore di quello che sarebbe stato il tuo silenzio (proverbio arabo)

  • 19 Dicembre 2016
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Quando ho iniziato la mia carriera di formatore ho chiesto al mio maestro se era normale avere così tanta paura di parlare in pubblico e lui mi ha risposto con una storiella.

Siamo ai tempi di Diocleziano durante una grande persecuzione. Un gruppo di Cristiani sta per essere martirizzato. Sono al cancello che introduce nell’arena. Alcuni raggi di luce filtrano fra le sbarre di legno del cancello, si sente il rumore della folla in attesa morbosa. Immaginiamo lo stato d’animo di questi Cristiani che stanno per incontrare i leoni. All’improvviso le porte si aprono e i Cristiani entrano nell’arena pregando.

Il pubblico e l’imperatore si stanno preparando all’ennesima carneficina. Un cristiano si stacca dal gruppo e si avvicina al capobranco dei leoni. Il leone sta per sbranarselo, ma vedendo un approccio così coraggioso decide di lasciarlo avvicinare. Il cristiano si avvicina e sussurra una frase nell’orecchio del leone che perplesso si volta verso i suoi compagni, parla con loro e con la coda tra le gambe si ritirano. Il pubblico sconvolto guarda l’imperatore alla ricerca di una sua decisione. L’imperatore scende con le sue guardie nell’arena per sapere che cosa il coraggioso cristiano ha detto al leone. “Che cosa gli hai detto” chiede. “Se mi dici cosa gli hai detto vi lasciamo liberi tutti”. Il cristiano risponde: “Gli ho detto di stare attento che se ci mangiavano poi gli avrebbero fatto tenere un discorso davanti a tutti”.

Che si tratti di una riunione con un gruppo di collaboratori, di una presentazione a un folto pubblico o più semplicemente di prendere la parola durante una riunione di condominio o porre una domanda all’autore durante la presentazione di un libro, parlare in pubblico può rappresentare un vero e proprio blocco per molte persone.

Nei momenti che precedono la performance la nostra mente formula spesso una serie di domande depotenzianti del tipo: Come giudicheranno il mio intervento? Cosa penseranno di me? Che accade se sbaglio? 

Molto spesso siamo preoccupati di parlare in pubblico semplicemente perché non siamo abituati a farlo e l’ansia da prestazione si trasforma in vero e proprio stress.

Avere paura è normale, spesso anche utile, per gestirla occorre allenarsi e rispettare alcuni passaggi.

Esistono quattro categorie di parlatori:

  • Quelli che non sanno cosa dire e non si esprimono efficacemente (fanno solo perdere tempo a chi li ascolta)
  • Quelli che non sanno cosa dire ma si esprimono efficacemente (solitamente risultano poco interessanti e credibili)
  • Quelli che sanno cosa dire ma non si esprimono efficacemente (è un vero peccato)
  • Quelli che sanno cosa dire e si esprimono efficacemente (è un piacere ascoltarli)

Se vogliamo appartenere alla categoria dei grandi oratori i nostri interventi devono essere ben compresi e quindi chiari ed incisivi, ben accettati cioè empatici e credibili, a lungo ricordati vale a dire interessanti e vantaggiosi.

La preparazione

Mark Twain diceva che gli erano necessarie più di due settimane per preparare un discorso improvvisato, iniziamo quindi con una accurata preparazione che ci farà sentire più sicuri e ci aiuterà anche ad affrontare tutte quelle situazioni che non possiamo prevedere.

Chiediamoci chi sono le persone che ci ascolteranno e cosa si aspettano da noi.

Prima di scrivere la immancabile scaletta degli argomenti da trattare domandiamoci se abbiamo chiaro l’obiettivo del nostro intervento. Un trucco per farlo è provare a sintetizzare il discorso su un tovagliolino da bar,  riflettere e scrivere l’essenziale ci aiuterà a fare chiarezza sul risultato che vogliamo ottenere con il nostro discorso.

Prepararsi accuratamente non significa perdere la propria spontaneità ma consente di fare meglio e con meno incertezze ciò che abbiamo programmato di fare.

Il decollo

Come nel volo aereo la partenza è una fase molto delicata, li si concentra lo stress che fa accelerare la respirazione e  risultare la voce bassa e tremante.

Negli istanti che precedono il nostro intervento automotiviamoci, allontaniamo i pensieri e le emozioni negative, concentrandoci su ciò che dobbiamo dire nei primi secondi, respiriamo profondamente. Uno stratagemma consiste nell’imparare a memoria i primi 90 secondi del discorso.

Un bel sorriso, i piedi radicati al terreno e una postura eretta ci aiuteranno a sentirci più sicuri e di conseguenza a trasmettere sicurezza.

Dopo aver salutato una classica apertura consiste nel fare una domanda retorica, citare un aforisma, raccontare una storiella o un fatto di attualità.

Il discorso

Superato il primo minuto entriamo nel vivo dell’argomento usando un linguaggio comprensibile, parliamo per azioni, evitiamo termini eccessivamente gergali, le generalizzazioni,  le parole negative. Non temiamo di ripetere più volte i messaggi importanti e utilizziamo spesso metafore coerenti con il pubblico che ci sta ascoltando.

Trasmettiamo energia ed entusiasmo, parliamo solo di ciò che conosciamo bene.

Ricordiamoci che il 58% della nostra comunicazione viene trasmessa dal nostro linguaggio del corpo, le mani devono essere visibili mentre si parla per comunicare sincerità e apertura, guardiamo tutte le persone presenti o il pubblico "a zone" se si tratta una platea numerosa. Evitiamo di accavallare le gambe o incrociare le braccia. Assumiamo un’espressione serena e coerente con le nostre parole.

Altro aspetto importante è il nostro linguaggio paraverbale. Se vogliamo trasmettere sentimento, convinzione e passione, il tono della nostra voce dovrà essere caldo e basso, un ritmo non eccessivamente veloce ci darà autorevolezza, per trasmettere sicurezza ed energia il volume dovrà essere adeguato alle dimensioni della stanza in modo che tutti ci possano sentire (se si utilizzano microfoni è meglio accertarsi prima sulla loro potenza per evitare volume eccessivamente alto o basso). Le pause aiutano a recuperare l’attenzione, a sottolineare i concetti e a far riposare per un istante la nostra mente.

Le slide utilizzate dovranno essere semplici, meglio immagini che parole. La regola aurea prevede massimo sette righe, massimo sette parole per riga.

Non dimentichiamo che si chiamano supporti visivi, evitiamo i barbosi slide-show con infinite diapositive e utilizziamole solo quando necessario per rinforzare i concetti espressi.

L’atterraggio

Terminiamo nei tempi previsti. Una call to action (invito esplicito a tradurre a livello pratico quanto esposto durante il discorso) convince il pubblico e lo fa  sentire parte integrante del processo di comunicazione. Possiamo anche concludere con una frase ad effetto o con un question-time. 

Abbiamo tante occasioni per prendere la parola davanti ad un pubblico, il coraggio di farlo e l’allenamento trasformeranno i nostri timori in grandi opportunità.

Ricordando che la naturalezza e la semplicità pagano sempre, quando si parla in pubblico una scimmia viva è meglio di un pavone imbalsamato.

 

Antonio Zanaboni
Trainer e Coach
coach.libra@gmail.com