Sicurezza e manutenzione compongono un binomio fondamentale per esprimere un responsabile e duraturo approccio alla qualità del costruito; tale acquisizione della cultura contemporanea è di gran lunga più significativa per le società del cosiddetto Primo Mondo, che hanno sostanzialmente soddisfatto gran parte delle esigenze di ordine quantitativo e che esprimono - nella costruzione, trasformazione e gestione dei propri sistemi - attese di tipo essenzialmente qualitativo. Il perdurare di modelli di modificazione dei sistemi antropici volti allo sfruttamento dei suoli urbani e ad una spensierata ‘cannibalizzazione’ del territorio è, ormai, generalmente percepito non solo come una violazione del diritto di tutti ad una migliore qualità della vita e degli insediamenti, ma anche come una inaccettabile minaccia per la sopravvivenza dei sistemi stessi. Il dibattito su tali questioni - soprattutto nella sua dimensione planetaria di sostenibilità dell’attuale modello di sviluppo - evidenzia una crescente e sempre più allargata esigenza di sicurezza, che si esprime talvolta in forme patologiche, come nel caso della sindrome di NIMBY (Not In My Backyard) o della sua più recente evoluzione in BANANA (Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anything). La soluzione a tale emergenza non può essere certo l’interdizione da qualsiasi forma di azione, ma piuttosto l’adozione di approcci di progetto e gestione del costruito che siano fondati su un’assunzione di responsabilità individuale e collettiva e che esprimano nuovi paradigmi culturali: in tale ottica, la cura del costruito e la sicurezza potrebbero costituire gli elementi fondanti dell’auspicata evoluzione culturale e tecnologica dalla dimensione quantitativa a quella qualitativa. Ecco che la qualità, la sicurezza e la manutenzione vengono a configurarsi come dimensioni paradigmatiche dello sviluppo in atto della riflessione tecnologica, in cui la manutenzione assume il ruolo della esplicitazione delle modalità di conservazione/trasformazione dei sistemi in un campo di azioni possibili che sono definite dagli obiettivi di sicurezza e di qualità degli stessi sistemi. Dopo la fase di crescita tumultuosa e disordinata, in cui sono stati compiuti molti errori, è sopraggiunto il momento di prenderci cura di ciò che abbiamo prodotto e del nostro territorio, per evitare che le nostre azioni future siano caratterizzate da assenza di riflessione, dal momento che il tempo presenta un conto che paghiamo anche in termini di vite umane: infortuni, crolli di palazzi, disastri ferroviari, frane rappresentano manifestazioni dello stesso problema su scale differenti. La domanda di sicurezza costituisce un aspetto intimamente connesso alla contemporanea domanda di qualità della vita: sotto l’impulso degli incidenti tecnologici verificatisi negli anni Settanta (Vajont, 1976) e Ottanta (Chernobyl, 1986), la sicurezza si è evoluta da prevenzione di incidenti a studio dell’affidabilità dei sistemi, consentendo la messa a punto di tecniche innovative di progettazione di impianti e sistemi tecnologici, l’individuazione di nuovi metodi di formazione, la sperimentazione di modelli organizzativi più adeguati, la diffusione di una rinnovata cultura dell’affidabilità tra progettisti, scienziati, tecnici e operatori, oltre che tra gli utenti di vari sistemi tecnologici complessi. Tali metodologie sono state progressivamente estese ai diversi ambiti e settori produttivi. Il contesto culturale attuale esprime un bisogno di qualità dei sistemi antropici che può esplicitarsi come una richiesta non solo di efficacia, ma anche di attenta progettazione e gestione della durata degli stessi, nonché di costruzione ed uso in sicurezza. Sembra pertanto ragionevole ritenere che la domanda di sicurezza e manutenzione dell’ambiente costruito sia destinata ad espandersi e che sia necessario, di conseguenza, apprestare strumenti concettuali d operativi idonei a precorrere - invece che a rincorrere - una tale domanda per dare ad essa una risposta governabile. In tale prospettiva, la fidatezza, intesa come processo utile a programmare e garantire nel tempo il mantenimento in sicurezza della qualità dei sistemi, potrebbe assumersi come strategia di sviluppo o, meglio, come strategia del riequilibrio di una crescita che è sfuggita, spesso, ad ogni forma di controllo. La progettazione, la costruzione e la gestione della fidatezza dei sistemi può rappresentare, in altri termini, una vera e propria strategia di governo della complessità al fine di tutelare la sopravvivenza non solo dei sistemi urbani e edilizi, ma anche dell’ambiente. Manutenzione e sicurezza devono essere intese e perseguite come garanti della mitigazione dei rischi e della permanenza in qualità dell’ambiente costruito. Per una corretta ed efficace gestione dei sistemi complessi è, infatti, fondamentale abbandonare l’illusoria convinzione della praticabilità di modelli monodimensionali che valutano separatamente soltanto alcuni dei fattori in gioco; al lineare paradigma meccanicistico di causa-effetto, incapace di dar conto delle innumerevoli relazioni esistenti nella realtà, si deve sostituire una rete causale la cui complessità è in dipendenza di quella del sistema considerato e delle sue interazioni interne ed esterne. 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